Giugno parte col freno a mano tirato e il vero boom si aspetta a luglio. Ecco come siamo arrivati a questo.
Distruggere (sistematicamente) un paese come Milano Marittima che non era un paese ma un paradiso (soprattutto in inverno) ed una fabbrica di soldi di alto livello (soprattutto d’estate) e dopo quasi 30 anni, che si continua imperterriti su questa linea, far finta di non capire perché sia successo e di chi sia la colpa. Ogni anno sempre peggio, ogni anno le stesse parole, ogni anno gli stessi articoli di giornale, quasi un mantra, sicuramente una presa in giro.
L’ARTICOLO USCITO SUL CORRIERE ROMAGNA
Sul Corriere del 15 Giugno 2024 si leggeva “Settore turistico in difficoltà, Giugno parte col freno a mano tirato, il vero boom lo aspettiamo a luglio (…) La mancanza di Tedeschi nei primi 15 giorni ha condizionato pesantemente l’avvio del mese. (…) Giugno parte male e gli albergatori non nascondono la loro preoccupazione. (…) Occorre accontentarsi dei fine settimana. (…) Però adesso sono chiuse anche le scuole, ma nonostante ciò gli italiani arrivano col contagocce. (…) La stagione si accorcia sempre più ed i canonici 3 mesi estivi rimangono 2 (una volta erano ben 6 ndr) (…) I vuoti sono evidenti”. Tutto secondo copione, la colpa è sempre esterna, mai un esame di coscienza.
COME SIAMO ARRIVATI A QUESTO
Da 30 anni, e non 3 anni, un po’ di gente ha fatto una politica turistica completamente sbagliata, perlomeno sbagliata per Milano Marittima. I Tedeschi, ovvero i clienti più affezionati di Milano Marittima, anzi la stragrande maggioranza dei nostri ospiti, hanno iniziato a non venire più da quando si è stravolta la località e non si sono più trovati a loro agio, a partire dal massacro del verde. Quanto agli italiani, è logico che il piatto pianga da quando non c’è più la fascia medio alta o addirittura altissima, perché ci si è buttati anima e corpo verso il turismo proletario delle famiglie e dei ragazzotti del weekend. Basta vedere quanti prestigiosi hotel 4 stelle e più sono stati convertiti in family hotel. È puramente consequenziale che questo target può dare pochissimo all’economia cittadina ed essendo vincolato da scadenze fisse, prima di metà Giugno per via delle scuole non può arrivare e dopo Ferragosto difficilmente può restare perché riaprono le fabbriche.
Sul Corriere del 18 Giugno abbiamo letto ancora lamentele sulla situazione, si dice che “Sono stati commessi troppi errori (da chi?) ed ora contiamo sul nuovo governo della città”, come se dipendesse dal Comune la virata proletaria del turismo di Milano Marittima, la proliferazione di negozi sedicenti etnici, di luoghi da mangiatoia e beveraggio in stile Oktoberfest 24 ore al giorno. Si dice che serve una visione del futuro (bravo, noi la avevamo già dal 1912, poi qualcuno ha pensato di cambiare le cose), che servono addirittura consulenti di qualità (serve fare mea culpa, altro che consulenti), che ci vuole coraggio (no, ci vuole professionalità e qualità e smetterla di affidarsi alla propaganda).
IL NOME MILANO MARITTIMA NON BASTA PIÙ
Per troppi anni l’unica politica è stata “Tanto la gente a Milano Marittima verrà sempre”, quindi inutile preoccuparsi. La conferma, semmai ve ne fosse bisogno, arriva anche dal mercato immobiliare da un altro articolo del Corriere dello stesso 18 Giugno 2024 “Appartamenti in affitto, disponibilità tanta ma qualità molto bassa, pochi in condizioni accettabili, le proposte non sono più tanto attrattive, immobili sovente in pessimo stato”. appunto, perché disturbarsi, tanto la gente a Milano Marittima verrà sempre, vero?
Il Conte Ottavio Ausiello Mazzi
Buonasera. A mio modestissimo parere, al diminuire dell’affluenza turistica, concorrono forse anche altri fattori extra locali. La distruzione della classe media (per soddisfare la grande capacità ricettiva della Milano M.ma odierna non basterebbe certo una piccola élite); l’impoverimento esponenziale della nazione e dell’europa occidentale tutta; la possibilità di raggiungere in tempi brevi destinazioni in tutto il mondo. Le poche località che “tengono” hanno un richiamo internazionale che consente loro di vivere al di sopra delle residue possibilità italiane. Talvolta il motivo del richiamo risiede anche nella vicinanza (con riferimento a cittadine prossime al confine, per esempio Sanremo – bellissima), per cui da paesi vicini si viene in Italia, dove, costi e stipendi sono in stile Terzo Mondo. Altrove, sicuramente, sono state fatte altre politiche, penso ad esempio alla Versilia. Ma senza gli investimenti russi, che hanno drogato quel mercato, le cose sarebbero andate molto diversamente. Vedremo se ora le cose cambieranno. Cordiali saluti.
Parliamo brevemente dei tedeschi. Negli anni ’60 e ’70, la Germania, l’Austria e l’Italia erano le posti per passare le vacanze estive. Alla fine degli anni ’70 si aggiunsero la Spagna, la Grecia, il Portogallo e la Jugoslavia, e negli anni ’90 la Tunisia, l’Egitto e la Turchia divennero destinazioni sempre più popolari. Gli Stati Uniti sono diventati la destinazione più popolare per i viaggi a lunga distanza. La Repubblica Dominicana, la Thailandia o Cuba hanno permesso vacanze a prezzi accessibili in un ambiente esotico. Ogni fase ha portato nuovi hotel con infrastrutture moderne e nuove offerte.
Quando mia madre partì per un pacchetto vacanze in Italia per la prima volta all’inizio degli anni ’60, volò da Berlino a Venezia. Da lì c’è stato un trasferimento in autobus per Milano Marittima. Da quando ho memoria, abbiamo sempre volato a Rimini. Ma dalla fine degli anni ’90, l’aeroporto ha preferito sperare nei turisti russi e ha stipato i viaggiatori europei in una stanza senza finestre che ricordava più una zona di espulsione per gli ingressi illegali che la fratellanza europea cantata nell’inno europeo.
Al giorno d’oggi è più facile trovare un volo da Berlino a Miami, Antalya, Phuket o Bali che viaggiare verso la costa dell’Emilia Romagna. Da Bologna ci si può spostare scomodamente in treno, in autobus, con più cambi, oppure si paga lo stesso prezzo per un servizio transfer come per il volo di ritorno per scendere e salire direttamente davanti all’hotel.
Nel estate all’aeroporto di Bologna, un jet a fusoliera larga della compagnia aerea Emirates è parcheggiato a mezzogiorno in prima serata. Da Forlì o Rimini può volare a Tirana. Non c’è alcun collegamento con un hub europeo, nemmeno con un piccolo aereo a elica ATR-42. Nel 21° secolo, l’accessibilità è limitata alle automobili e ai treni regionali e quindi il bacino di utenza turistico.
Negli Emirati Arabi Uniti, come in Qatar, da 25 anni un’infrastruttura turistica viene sviluppata strategicamente a un nuovo livello globale. La RAI ha recentemente riferito che gli UAE costruirà una città turistica sulla spiaggia mediterranea dell’Egitto per 130 miliardi di dollari. E questa la competizione globale per le imprese familiari di Cervia-Milano Maritima, per gruppi alberghieri locali o regionali, i cui edifici rispecchiano le esigenze di mezzo secolo fa, in una regione che non è mai stata progettata per l’attività turistica tutto l’anno, con tutte le conseguenze economiche della concorrenza.
Alla luce dei cambiamenti sociali ed economici globali, che si riflettono inizialmente nelle megalopoli e negli agglomerati urbani, è impossibile per un comune con poco meno di 30.000 abitanti determinare da solo il proprio futuro turistico. Ciò è tanto più vero quando le opinioni su ciò che è desiderabile e ciò che è fattibile si allontanano molto.
Negli ultimi 20 anni, la mia impressione di turista, le idee su ciò che è desiderabile e ciò che è possibile hanno divergito ampiamente tra la gente del comune. Tuttavia, fino a quando gli abitanti del comune non avranno unità interna, non sarà possibile per loro esercitare almeno una certa influenza sullo sviluppo del turismo e della comunità che dipende da esso. Questa unità non può essere prescritta politicamente. Può nascere solo dall’intuizione comune di tutti. Solo da questa intuizione può crescere un’azione comune a beneficio di tutti. Lo auguro con tutto il cuore a Cervia-Milano Marittima.