La questione del Pineta di Milano Marittima sta diventando una telenovela che potrebbe avere un finale molto amaro.
È finito l’Impero Romano, può finire anche il Pineta di Milano Marittima, sic transit gloria mundi. In una Milano Marittima che a 4 giorni dalla Santa Pasqua invece di vedere per le sue strade, bar e ristoranti, gruppi di turisti (come eravamo abituati e come sarebbe normale tuttora) vede solo gruppi di operai a rullo continuo, ogni giorno arriva una notizia spiazzante o mal presentata ad alimentare la telenovela del Pineta che in fin dei conti è l’unica occasione per parlare di una località che mai come quest’anno è stata morta ed asfittica nonostante le balle della propaganda.
AL PINETA CAMMELLI INVECE DEI CAVALLI
Pareva brutto dire che il Pineta lo aveva rilevato una multinazionale araba che di Cavalli aveva mantenuto solo il nome. Quindi giù a scrivere che invece era stato proprio lui in persona a prendere in mano la discoteca e c’era già chi se lo aspettava a staccare i biglietti all’ingresso.
E ieri arriva la mazzata secondo cui lo sfratto sfratta tutti, cavalli o cammelli che siano, tabula rasa, si riparte da zero, anzi si potrebbe non ripartire proprio, i locali potrebbero avere nuova e diversa destinazione, addirittura il nome Pineta non sarebbe più utilizzabile.
Ha fatto bene il giornalista di Ravenna e Dintorni a scrivere che “è facile intuire che un gestore non possa pensare ad un trasloco (in altra sede ndr) il pineta può avere il suo appeal solo in quel luogo iconico”. La conferma che il locale in sé dice molto ma non dice tutto, che il Pineta non è Milano Marittima ma Milano Marittima col suo nome contribuisce al lustro del locale.
IL VALORE DI ESSERE A MILANO MARITTIMA
All’asta aveva partecipato pure mister Papeete Massimo Casanova, a detta sua perché crede in Milano Marittima. Io direi piuttosto nel nome di Milano Marittima e non della Milano Marittima vera di cui poco resta e poco offre. È grazie al riverbero della nomea di Milano Marittima che avete aperto bottega proprio qui e non altrove. Una cosa che vale davvero vale dappertutto perché ha valore di per sé.
Se avete aperto bottega qui è perché volete sfruttare il valore di essere a Milano Marittima e non a Lido di Savio o Zadina. Abbiate ogni tanto il coraggio di dirlo, di ammetterlo, e dite grazie a tutte quelle persone e a tutte quelle famiglie che questa benedetta Milano Marittima l’hanno fatta a suo tempo ciascuna dando il proprio contributo. Dite grazie a quei negozi, alberghi, bar, ristoranti, ai tanti dipendenti delle attività e ai tanti storici residenti che oggi si sono estinti come in una riserva indiana.
Il Conte Ottavio Ausiello Mazzi
Buongiorno. Non discuto nulla del contenuto dell’articolo. Confesso di aver scoperto Milano M.ma grazie al Pineta e di essermene innamorato. Le vacanze, da bambino, le trascorrevo in Versilia e a M. di Campiglio, quindi altrove. Ho continuato a venire regolarmente per anni, sia per il Pineta (che ho frequentato finché è rimasto aperto), sia per passeggiate e pranzi con mia moglie. L’ultima volta a S. Silvestro. Qualora il Pineta non riaprisse, conformemente a com’era, perdendo quindi una attrattiva per i miei personalissimi gusti (di cliente) fondamentale, per ovvi motivi verrò a Milano M.ma molto meno. Altra cosa, mi sia concesso. Lo stile “Cavalli”. In Versilia, l’Ostras (di cui ero cliente) è stato trasformato nella copia marittima del Just Cavalli milanese (Just Me), facendogli perdere completamente le peculiarità. Dovrei andare in un locale di Marina di Pietrasanta per avere la stessa atmosfera di un locale milanese, che poi richiama l’Africa? Tra l’altro, con certi richiami, c’era già il Twiga a pochi chilometri. Se le atmosfere sono le stesse, è inutile cambiare locale. Cordiali saluti.