La vecchia Milano Marittima fu una delle località preferite dall’aristocrazia che teneva un basso profilo ed era gelosa della propria privacy.

L’altro giorno rifiutando per motivi di famiglia l’invito del caro duca di Ferrazzano, gran signore vecchia scuola, a passare un week end da lui a Parigi per l’Immacolata, ho pensato ancora una volta a quanto la stessa Milano Marittima vecchia maniera fosse gran signora. A vedere i branchi di burini e neocafoni che calano ormai tutto l’anno, crederei di aver vissuto la vita di un altro se penso a noi che eravamo abituati a famiglie di reali talvolta intime come i Savoia i Borbone ed i Windsor!

Mentre fotografavo per il blog le targhette coi nomi dei campioni del circuito motoristico aggiunti alle prime traverse, pensavo come si potesse fare altrettanto con gli stemmi di non poche famiglie, dato che praticamente ogni traversa, per limitarci a questa parte di Milano Marittima, vedesse la presenza di almeno una casata nobiliare.

Milano Marittima noblesse oblige
Stemmi Travaglini e Diotallevi

Tre alla prima, due alla seconda, quattro alla terza, tre alla quarta, due alla quinta, tre alla sesta, sei alla settima, due alla ottava, tre alla nona, tre alla decima, due alla undicesima, una alla dodicesima, tre alla quindicesima, due alla sedicesima…

Mentre oggi anche a Milano Marittima, anzi, soprattutto nella nuova Milano Marittima snaturata dal baraccone dei cosiddetti vip e del presunto fashion, l’imperativo sociale è diventato “sono perché frequento”, cioè sono un vip anch’io perché vado in questa località. L’apparire è un fatto ossessivo compulsivo, nella mia Milano Marittima dominava il più puro e signorile basso profilo. Ed è per questo, per il basso profilo e il restare chiusi nel proprio cerchio sociale, che tuttora le vecchie famiglie della élite nobiliare, ma anche alto borghese di Milano marittima, sono praticamente sconosciute anche ai sedicenti storici locali.

Tanto è vero che tutt’oggi i cervesi, lontani anni luce dall’alta società di Milano marittima, ma spesso da tutta la realtà di Milano Marittima in genere, hanno leggende metropolitane dure a morire su queste famiglie, alle quali addirittura talvolta negano pure l’autenticità oltre a farcirle di invenzioni di tutti i generi, anche scabrose, riflesso di come un tempo il popolino fantasticasse sulla vita dei signori.

Milano Marittima noblesse oblige
Stemma Ausiello

A me invece pare del tutto normale dire per esempio che giocavo coi pronipoti di Torquato Tasso o tenevo in braccio i pronipoti dei Medici di Toscana, oppure giocavo a tennis con un discendente del Barbarossa col quale condividevo anche l’ombrellone. E siccome siamo stati l’anno dantesco e per farvi capire che davvero non ci facevamo mancare nulla, vi dico che per decenni aveva casa a Milano Marittima la diretta discendenza del Poeta.

C’erano famiglie dell’aristocrazia europea, nazionale e locale, a partire dai marchesi Travaglini Diotallevi, una delle famiglie a cui i cervesi hanno sempre negato la patente di nobiltà, oltre a negare di ospitare sulle loro terre il circuito motoristico una volta cacciato da Milano Marittima con motivi pretestuosi. Una famiglia antica, pluridecorata anche da re Umberto, coi Travaglini già blasonati anche prima della adozione Diotallevi.

Lo stesso dicasi per me, quando per creare un personaggio misterioso ho iniziato a firmarmi “Il Conte che non conta ma a cui nessuno la racconta”, ricordate? Il fatto che noi come tanti non facessimo sfoggio di titoli non vuol dire niente, perché il mio lignaggio è della nobiltà catalana definita “immemoriale”, la più antica. Da testi fondamentali, come l’Armoriale di Salamanca fatto dai Re d’Armi dei Re Cattolici e Carlo V fino alle pubblicazioni della rivista Hidalguia voluta proprio per smascherare i finti titolati e difendere le memorie degli autentici, tutti i più importanti araldisti catalani menzionano la mia famiglia.

L’elemento fortemente aristocratico della vecchia Milano Marittima era proprio uno dei motivi di profonda differenza con Cervia. I cervesi avevano iniziato a guardare di traverso i fondatori milanesi, cercando di riprendere la concessione una volta fiutato l’affare. È storia documentata. Poi, nel dopoguerra, altro motivo di astio fu il fatto che Milano Marittima vedesse il boom turistico dato dalle famiglie di imprenditori che erano quasi tutte originarie della zona Forlì Cesena o di altre regioni italiane, quindi altri invasori.

E poi perché Milano Marittima era la meta degli stranieri, massimamente i tedeschi, quando Cervia restava meta prevalentemente degli italiani, anche quelli del basso ceto. La forte presenza elitaria di Milano Marittima, con un’assai nutrita società nobiliare, la rendeva pertanto oggetto di invidia, di fantasticherie, di desiderio, un vero mondo a sé, altro che parte di Cervia come certi cretini hanno il coraggio di dire.

Una vecchia parrucchiera amava raccontarmi come una “lady” inglese l’avesse addirittura invitata nel suo castello a sue spese di viaggio, perché le si era molto affezionata. O quella donna delle pulizie che trovandosi un giorno di pioggia per strada si era vista invitare a salire in auto da una sua vicina di casa contessa che passava di lì col suo autista. E c’erano anche nobili impegnati nel turismo a vario titolo, come i commercianti Mazzolani, Ausiello Mazzi, Ricci Bartoloni, i fotografi Apperti e gli albergatori Ricci Maccarini e Rasponi.

Questa è la mia Milano Marittima e mi dispiace che non l’abbiate conosciuta…

Il Conte Ottavio Ausiello Mazzi

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