Casa Pascoli a Savignano, casa Monti ad Alfonsine, casa Panzini a Bellaria, casa Moretti a Cesenatico partecipano tutte al medesimo progetto regionale, la rete di case-museo di artisti e poeti. Le nostre case cervesi Grazie Deledda e Max David a cosa partecipano? Anzi, perché non partecipano? In una città che si appresta a fare dei Magazzini del Sale non un museo alla marineria ma l’ennesimo ristorante e della storica pescheria una degustazione-bar, è evidente che certi discorsi di cultura sono lunari. A Milano Marittima abbiamo una “casa” ben funzionante, le Aie, nata per raccogliere le pigne. Nel 1966 passò agli Amici dell’Arte ma, l’aspetto che fece più fortuna non fu quello culturale, bensì quello di cassetto, cioè il noto ristorante tipico che tutti conosciamo. Insomma, qui non si fa mai cultura per la cultura, la si usa semmai per veicolare imprese bottegaie redditizie. Pensiamo a quale ricchezza culturale e paesaggistica fossero le nostre dune, ormai tutte scomparse, dune che all’estero sono diventate fonte di turismo senza bisogno di snaturare l’ambiente cementificandolo com’è avvenuto da noi. Vi riporto alcuni esempi di città alle quali non avremmo avuto nulla da invidiare: Warnemunde in Germania, ha l’immutato fascino del paese di pescatori. Skagen in Danimarca il cui fascino paesaggistico favorì la nascita di una scuola pittorica vicina agli Impressionisti. Arcachon in Spagna, è un’altra meta per gli amanti delle dune: un milione di turisti all’anno! E’ gemellata con Pescara e Gardone Riviera perché qui D’Annunzio trovò ispirazione per Kabiria. La duna di Pyla ha inglobato il cemento armato delle fortificazioni naziste (il Muro Atlantico). Resiste la muraglia dei pini, uguale a quella del nostro Bevano (dove non possiamo più andare). Da noi le dune sono ormai fossili e alcune resistono ancora oggi davanti alla Colonia Varese, dietro alla scuola Mazzini e nelle ville di alcune famiglie della vecchia élite di Milano Marittima come i Marini ed i Picone.
Il Conte che non conta